L'attore di Anversa è Hans Axgil, l’amico intimo della prima trans della storia, Einar Wegener, nel film The Danish Girl, ma soprattutto è Paul, uno dei quattro protagonisti di A Bigger Splash, il film di Luca Guadagnino, dove divide la scena con Ralph Fiennes, Tilda Swinton e Dakota Johnson
“Chi è Alain Delon?”. Sopracciglio aggrottato. “Non lo conosco”. Risata. “Scherzavo, ho massimo rispetto per lui”. Matthias Schoenaerts ha una di quelle facce che prenderesti volentieri a schiaffi. Interpretare la parte dello strafottente gli riesce a meraviglia. Un po’ come quei gangster gagà, tutti agghindati con un completo anni Trenta, il cappello sulle ventitré e un sigaro a mezza bocca. All’attore belga, 38 anni il prossimo dicembre, una parte del genere non l’hanno ancora proposta, però al suo attivo ha quei quarantotto titoli, tra lungometraggi, corti e serie tv, che lo fanno sembrare un matusalemme del cinema contemporaneo. L’esordio è oramai del 1992, nel film belga Padre Daens, oltretutto candidato all’Oscar come film straniero. Matthias aveva 12 anni. “Una parte piccola piccola, quasi insignificante, più che di contorno, di sfondo”, spiega a FQMagazine seduto nel terrazzo di un locale sul lungomare del Lido di Venezia, mentre dietro le sue spalle tornite si stagliano un cielo azzurro e un mare appena increspato dal vento. Una delle mille trasformazioni d’attore, dopo aver interpretato il contadino, l’ufficiale nazista, il fotografo, il ricco uomo d’affari, è anche quella del ragazzo semplice e alla mano. Nemmeno un filo di trucco, occhi chiarissimi, una leggera barba non fatta e una piccola cicatrice che gli segna la guancia destra. Anche il look è semplice: una t-shirt grigia sotto una giacca scura, jeans senza troppe pretese e un paio di scarpe da tennis bianche. “Non so come mai sono arrivato così in alto nella mia carriera. Penso semplicemente di essere in grado di fare film. Questo è tutto. Non mi tiro mai indietro di fronte a nessuna proposta. Continuo a mantenere i contatti per nuovi progetti. E ancora: recito, faccio film, tiro dritto. Spero in qualche modo di non ritrovarmi a scegliere razionalmente i miei ruoli. Vorrei che in me prevalesse sempre di più una buona dose d’istintività nella scelta”.
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アントワープは、俳優のハンス ・ Axgil、最初のトランスの歴史、Einar ウェゲナーのデンマークの女の子の親友が、ほとんどそれは大きいしぶき、ルカ Guadagnino のフィルム、レイフ ・ ファインズ、ティルダ ・ スウィントン ダコタ Johnson とシーンを共有彼の 4 つの主役の一つ Paul“Chi è Alain Delon?”. Sopracciglio aggrottato. “Non lo conosco”. Risata. “Scherzavo, ho massimo rispetto per lui”. Matthias Schoenaerts ha una di quelle facce che prenderesti volentieri a schiaffi. Interpretare la parte dello strafottente gli riesce a meraviglia. Un po’ come quei gangster gagà, tutti agghindati con un completo anni Trenta, il cappello sulle ventitré e un sigaro a mezza bocca. All’attore belga, 38 anni il prossimo dicembre, una parte del genere non l’hanno ancora proposta, però al suo attivo ha quei quarantotto titoli, tra lungometraggi, corti e serie tv, che lo fanno sembrare un matusalemme del cinema contemporaneo. L’esordio è oramai del 1992, nel film belga Padre Daens, oltretutto candidato all’Oscar come film straniero. Matthias aveva 12 anni. “Una parte piccola piccola, quasi insignificante, più che di contorno, di sfondo”, spiega a FQMagazine seduto nel terrazzo di un locale sul lungomare del Lido di Venezia, mentre dietro le sue spalle tornite si stagliano un cielo azzurro e un mare appena increspato dal vento. Una delle mille trasformazioni d’attore, dopo aver interpretato il contadino, l’ufficiale nazista, il fotografo, il ricco uomo d’affari, è anche quella del ragazzo semplice e alla mano. Nemmeno un filo di trucco, occhi chiarissimi, una leggera barba non fatta e una piccola cicatrice che gli segna la guancia destra. Anche il look è semplice: una t-shirt grigia sotto una giacca scura, jeans senza troppe pretese e un paio di scarpe da tennis bianche. “Non so come mai sono arrivato così in alto nella mia carriera. Penso semplicemente di essere in grado di fare film. Questo è tutto. Non mi tiro mai indietro di fronte a nessuna proposta. Continuo a mantenere i contatti per nuovi progetti. E ancora: recito, faccio film, tiro dritto. Spero in qualche modo di non ritrovarmi a scegliere razionalmente i miei ruoli. Vorrei che in me prevalesse sempre di più una buona dose d’istintività nella scelta”.
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