18.10. La cultura della crisi
Anche per la cultura europea, gli anni '20 e '30 furono anni di crisi e
di mutamenti profondi. Si accentuarono in questo periodo i fenomeni di
disgregazione e di perdita dell'unità che già si erano delineati negli anni
precedenti il primo conflitto mondiale. Le maggiori scuole di pensiero
sorte dopo la guerra (il neopositivismo e la fenomenologia, esistenzialismo, lo spiritualismo cattolico e le varie correnti del marxismo) avevano
metodologie e interessi molto distanti fra loro e procedettero ciascuna
per proprio conto senza molto influenzarsi vicendevolmente.
Un discorso analogo si può fare per la letteratura, per le arti figurative,
per la musica. Proseguì in questi anni la tendenza alla rottura delle forme canoniche e la ricerca, a volte esasperata, di nuovi moduli espressivi. Continuò
la stagione delle grandi correnti d'avanguardia, che trovarono un pubblico
più ampio e disponibile che in passato in una società delusa e disorientata
come quella postbellica. Ai movimenti già affermatisi prima della guerra (estrattismo e il cubismo, A futurismo e Espressionismo) se ne
giunsero altri nuovi come il surrealismo, lanciato nel 1924 da un gruon A'
intellettuali francesi (André Breton, Louis Aragony PaulÉluard) che vedev
no nell'arte l'espressione delle tendenze profonde dell'inconscio e predici
vano, nel campo culturale come in quello politico, la lotta contro ogni forma
di convenzione borghese. Ma nessuna di queste correnti giunse ad affermarsi sulle altre, nessuna può essere scelta come particolarmente rappresentativa di un'epoca e di una temperie culturale. Non è forse un caso se due
fra le maggiori personalità dell'epoca rispettivamente nel campo pittorico e
in quello musicale, Fabio Picasso e IgorStravinskij, non si identificarono con
una sola corrente d'avanguardia, ma piuttosto le attraversarono e le utilizzarono tutte con straordinario eclettismo. Consideriamo anche i grandi capolavori della narrativa apparsi nel periodo fra le due guerre: gli ultimi volumi
della Ricerca del tempo perduto di Marcel Proust uscirono a guerra appena
terminata, come molti dei racconti e romanzi di Franz Kafka-, YUlisse di]ames Joyce è del 1922, La Montagna incantata di Thomas Mann del 1924,
mentre LUomo senza qualità di Robert Musil fu pubblicato all'inizio degli
anni '30. Queste opere hanno fra loro poco di simile, salvo il fatto di rappresentare i problemi e le angosce dell'uomo del XX secolo, di espnmere in modi molto diversi (ora restando, come Mann, nel solco della tradizione del romanzo ottocentesco, ora forzando, come Joyce, strutture letterarie e convenzioni linguistiche) la rottura dell'universo borghese che avév a fatto da
sfondo e da sostrato alla grande narrativa del secolo XIX.
Un ulteriore elemento di crisi e di disgregazione della cultura europea
di questi anni fu indubbiamente rappresentato dalle divisioni politicoideologiche. Anche se le loro opere non recavano s|u sso alcuna traccia visibile delle vicende sociali contemporanee (e apparivano invece come distaccate e ripiegate sulla sperimentazione {ormale ^ sull'introspezione psicologica), letterati e artisti furono fortemente coinvolti nelle grandi contrapposizioni fra liberalismo borghese r e omunismo marxista, fra fascismo
e democrazia. L'impegni) politico non era cci io una cosa nuova per gli intellettuali europei. Ma ciò che accadde negli anni Ira le due guerre lu un fenomeno più esteso e più carico di implica/ioni. Gli intellettuali furono
chiamati sempre più spesso non solo a testimoniare, ma a parteggiare apertamente, a prendere posizione mi singoli problemi (fu allora che si diffuse
l'uso dei pubblici manifesti e degli appelli firmati da personalità della cultura); furono mobilitati, e spesso utilizzati spregiudicatamente, da partiti e
governi; si divisero secondo Iin< di contrapposizione che ricalcavano gli
schieramenti politico-ideologi ci: se la cultura liberale aveva i suoi maggiori
punti di riferimento in Benedetto Croce e in Thomas Mann, se i comunisti
potevano vantare illustri «compagni di strada» come Picasso e Gorkij, André Gide e Romain Rolland, anche la desira autoritaria poteva mettere in
campo personaggi prestigiosi: i filosofi Giovanni Gentile e Martin Heidegger (uno dei padri dell'esistenzialismo), il giurista e politologo tedesco Cari
Schmitt, il poeta americano Ezra Pound, per citare solo i più noti. Parve a
molti che gli intellettuali, lasciandosi coinvolgere così a fondo nelle contese politiche, tradissero in qualche modo la loro missione, che abdicassero al
loro ruolo di guida delle coscienze per adattarsi a quello di propagandisti.
Divisa e lacerata dalla radicalizzazione ideologica e politica, la cultura
europea subì anche in modo diretto e drammatico le conseguenze dell'avvento dei regimi totalitari. Se la dittatura staliniana provocò la scomparsa
fisica di una parte non trascurabile dell'intellettualità russa (una perdita
che si aggiunse alla cospicua «fuga di cervelli» verificatasi dopo la