18.9. La scienza e la guerra
Il boom dei mezzi di comunicazione di massa non fu il solo risultato
saliente dell'evoluzione tecnologica e scientifica negli anni fra le due guerre mondiali. In questo periodo l'onda lunga della rivoluzione della scienza applicata, cominciata negli ultimi decenni dell'800, e accelerata in forme spesso esasperate dal primo conflitto mondiale, continuò a far sentire
i suoi effetti sulla vita quotidiana e sulla salute, sulle attività di pace e sullo
sviluppo dei mezzi bellici. Risalgono agli anni '20 e '30 alcune scoperte che
avrebbero segnato in modo decisivo la storia del XX secolo, dando la
misura del potere sconfinato della scienza moderna, della contraddittorietà dei suoi esiti, del suo carattere sempre meno «neutrale».
In questi anni un folto gruppo di fisici di diversi paesi, quasi tutti nati
dopo l'inizio del secolo (l'italiano Fermi, gli inglesi Dirac e Ckadwick, i
francesi/o/zb/ e De Broglio, i tedeschi Schròdinger e Heisenberg per citarne
solo alcuni) portò avanti gli studi e gli esperimenti sul nucleo dell'atomo
avviati all'inizio del '900 da RutherfordedaBobr. Si trattava di ricerche essenzialmente teoriche, che assunsero però un'immediata risonanza anche
al di fuori degli ambienti scientifici quando, alla fine degli anni '30, si scoprì che dalla scissione, provocata artificialmente, di un nucleo atomico di
materiale radioattivo era possibile liberare enormi quantità di energia.
Molti intuirono allora che da questa nuova straordinaria fonte di energia
sarebbe stato possibile ottenere un'arma più potente di qualsiasi altra fin
allora realizzata. Ma soltanto nel 1942, quando, a conflitto mondiale già in
corso, una équipe di scienziati americani guidata da Enrico Fermi realizzò
il primo reattore nucleare, lo spettro della «guerra atomica» si materializzò
minacciosamente, inducendo i due schieramenti in lotta a un'affannosa e
segretissima corsa verso la costruzione della nuova bomba.
Se i possibili impieghi bellici della fisica nucleare restarono per molto
tempo sconosciuti ai più, nessuno poteva ignorare il nesso strettissimo che
intercorreva fra le caratteristiche della guerra futura e gli sviluppi della
tecnica aviatoria. Negli anni '20 e '30 l'aeronautica compì in tutti i paesi
industrializzati progressi notevoli: gli aerei divennero più sicuri e più rapidi (i mezzi più veloci toccavano punte di 7-800 chilometri orari), aumentando nel contempo la loro capacità di carico e la loro autonomia. Imprese come la trasvolata solitaria dell'americano Charles Lindbergh, che nel
1927 compì per primo su un piccolo aereo il volo senza scalo da New York
a Parigi, o come le grandi crociere transadantiche compiute da Italo Balbo
nel 1930-31 al comando di una squadriglia di idrovolanti, valsero a esaltare agli occhi dell'opinione pubblica mondiale le nuove possibilità offerte
dal trasporto aereo. U aviazione civile, dopo i primi timidi passi negli anni
'20, conobbe nel decennio successivo un considerevole incremento (soprattutto negli Stati Uniti), pur restando, a causa dei suoi alti costi, un ser-
vizio accessibile solo alle categorie privilegiate.
I progressi dell'aviazione civile furono però superati dai contemporanei e più consistenti sviluppi dell'aeronautica militare, che assorbiva allo-
ra - contrariamente a quanto avviene ai nostri giorni - la maggior parte
della produzione del settore. Dopo aver accolto con scetticismo e diffidenza i primi impieghi bellici dell'aviazione, generali e uomini di governo
finirono col convincersi che un'arma aerea, autonoma dall'esercito e dalla
marina, era destinata a svolgere un ruolo decisivo. Tutte le grandi e medie
potenze intensificarono, dall'inizio degli anni '30, la costruzione di aerei
militari: aerei da caccia sempre più veloci, aerei da trasporto sempre più
capienti, bombardieri dotati di sempre maggiore autonomia. L'ipotesi di
una guerra in cui i contendenti si combattessero spargendo il terrore fra le
popolazioni civili diventava ormai una tragica certezza.