Guadagnino, che lo ha diretto di recente, sostiene che Schoenaerts è un attore “totalmente immersivo e molto generoso, non gli frega nulla di mettersi in primo piano”. Colui che è stato definito il Marlon Brando belga s’ispira a qualcuno che non avresti mai detto: “Sicuramente Daniel Day Lewis. E poi credo che i grandi attori li trovi spesso, se non solo, nei grandi film”. Dapprima parti legate molto alla fisicità, al proprio corpo al centro della scena, come con Bullhead (2011) e Un sapore di ruggine ed ossa (2012), poi una virata su ruoli più romantici come Suite francese (2014). “Chissà, devo avere un po’ di sensibilità al femminile che mi hanno trasmesso mia nonna e mia madre”. Il padre, celebre attore belga, ha lasciato la famiglia quando Matthias era ancora un fanciullo, ma ha seguito la crescita del ragazzo: “Mi ha suggerito un segreto: se fai qualcosa, non devi farlo come fine a se stessa ma perché fa parte di un disegno generale della tua vita”. Un ultimo sguardo alla laguna che regala una bella giornata di sole, con qualche ricordo da bimbo (“Venni per la prima volta a Venezia a 5 anni con i miei genitori, è una città meravigliosa”) e understatement professionale da fare invidia ai più presenzialisti: “No, no, non vivo né a Los Angeles, né a Londra. Abito ad Anversa in un appartamento che ho ristrutturato di recente anche per poter dipingere che è la mia passione. Si può benissimo fare l’attore anche dal Belgio”. Nella nuova casa ci dovrebbero abitare anche i due gattini appena comprati e la misteriosa ragazza, studentessa di legge, che gli ha spezzato il cuore. Su di lei, però, no comment, meglio un altro caffè americano, forse il quarto in quindici minuti, e l’assaggio compulsivo di alcune piccole tartine dal tavolo di un ricco buffet. Dopo tutta questa sequela di titoli, è ora forse di un Oscar: “E’ il cinema ad essere urgente per me. L’Oscar non è importante”.